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CANTALUPO-CASTELBUONO / STORIA
 

Cantalupo si sviluppa sulla strada che collega Bevagna con Torgiano, a valle delle alture collinari che si estendono dai monti Martani verso Perugia. E’ un tipico paese di origine agricola che si è espanso fino alla metà degli anni sessanta del secolo passato grazie alla fertilità delle terre interessate molto spesse dalle piene del torrente Attone e dei fiumi circostanti. Il nome deriva presumibilmente da un toponimo prediale di origine longobarda.
Le circostanze del suo sviluppo sembra siano legate alla presenza nella zona centrale del paese di un edificio monastico o di un ospitaletto. Non ci sono documenti che comprovano l’esistenza del fabbricato, che non è citato nemmeno nelle ricorrenti visite pastorali del vescovo di Spoleto, ma antiche storie e dicerie popolari e soprattutto il ritrovamento dopo il restauro di parte dell’edificio dopo il terremoto del 1997 di un dipinto raffigurante San Rocco, protettore dei pellegrini e degli appestati, sembrano avvalorare tale ipotesi. Il territorio è stato sempre legato alle vicissitudini della vicina Bevagna non avendo goduto mai di una propria autonomia.
Nel cinquecentesco statuto storico di Bevagna si parla del Castrum Cantalupi, in relazione alla presenza di abitazioni ("capanne") abusive che avrebbero dovute essere abbattute su responsabilità del podestà e dei consoli bevanati.

L’edificazione della chiesa, iniziata il 4 giugno 1673 e terminata con “l’aiuto del popolo” nel 1684 segna di fatto il momento dello sviluppo di Cantalupo. Intitolata inizialmente alla Madonna Santissima dei Sette Dolori, la chiesa sostituiva la precedente chiesa romanica dedicata a San Michele Arcangelo. Il primo parroco ufficiale incaricato dal vescovo di Spoleto fu Don Carlo Antonio Rosa, nominato il 7 marzo 1728.
La chiesa aveva, come lo ha tutt’ora, una sola campata, il pavimento in mattoni cotti, il tetto impianellato, il portone d’ingresso sovrastato da un rosone ed una porta laterale che dava sulla sponda del torrente Attone. Conteneva tre altari: quello principale dedicato alla Madonna dei Sette Dolori sovrastato dal tabernacolo in legno nel quale si conservava il sacramento, l’altare dedicato alla Madonna del Rosario e quello di Sant’Antonio abate. Il popolo provvedeva per quanto necessario alla chiesa e vi istituì un monte frumentario, governato dalle due più importanti e ricche famiglie del paese, i Luccioli Falconieri e i Torti.
II 1 settembre 1848 fu inaugurato il fonte battesimale per iniziativa di Don Antonio Antonini. E’ forse da questo momento che la chiesa viene riconosciuta ufficialmente come parrocchiale.

Già dal XVII secolo, dunque, l’economia agricola ruota intorno alla presenza delle due famiglie, proprietari terrieri, che possiedono anche le case più importanti del paese. La vocazione agricola determina, in tutto il territorio, la presenza di numerosi casolari di campagna con scala esterna e colombaia tipici dell’Umbria dei quali rimangono ancora pochissimi esemplari.

Nel prima metà dell’800 Cantalupo balza agli onori della cronaca nera e giudiziaria per essere uno dei luoghi preferiti dai briganti per nascondersi e per essere il paese natio di Luigi Lopparelli detto “il Moro”, il terribile luogotenente di Nazzareno Guglielmi “il Cinicchia” il bandito del Subasio.

Dopo aver vissuto, negli anni del dopo guerra, lo spopolamento dalle campagne determinato dall’emigrazione e dall’inurbamento nelle grandi città, il territorio di Cantalupo e Castelbuono è attualmente in progressiva evoluzione essendo, in forma indiretta, interessato dal grande interesse storico turistico di Bevagna e dalla grande notorietà assunta dalla Strada del Sagrantino di cui il territorio fa parte.
Molteplici sono i motivi di interesse turistico della zona cosi come innumerevoli sono le possibilità di soggiornare ed immergersi nella quiete più assoluta che il territorio ancora regala considerato l'alto grado di protezione culturale e ambientale che ne ha contraddistinto la recente storia.

Testo di Mario Lolli




 
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